Un blog che racconta la mia esperienza con la Guillain Barrè e si rivolge a chi, pazienti e familiari, stiano vivendo o abbiano vissuto lo stesso incubo.
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martedì 25 gennaio 2011

La fisioterapia

Da quando i miei piedi avevano ricominciato a muoversi, mio padre ogni giorno sfruttava il poco tempo che aveva a disposizione durante l'orario delle visite per massaggiarmeli, allungarmeli, controllare la forza che mettevo nel puntarli contro i palmi delle sue mani. Nel frattempo mi raccontava della situazione politica attuale, fu da lui che venni a sapere della casa di Montecarlo di Fini e della morte di Cossiga. Ogni tanto mi leggeva anche le rassegne stampa che lui stesso preparava: selezionava gli articoli secondo lui di maggior interesse me li leggeva quando veniva a trovarmi.
A volte abbassava la voce perché aveva paura di passare per matto con gli infermieri.

Intanto i medici, vedendo i miei piccoli miglioramenti, riuscirono a farmi avere una fisioterapista interna all'ospedale che, dalla settimana di ferragosto, si occupò di me.
Sia i dottori che gli infermieri avevano dimostrato nei miei confronti, sarà che ero una delle più giovani ospiti del reparto, una grande sensibilità e mi sentivo coccolata e protetta da tutti.
Quando ricominciai a masticare, e quindi a mangiare solido e liquido, e non più solo cremoso, una dolcissima infermiera, quando era di turno di mattina, mi portava un cornetto caldo ed io adoravo queste attenzioni, oltre ai suoi cornetti.

A volte gli infermieri mi facevano restare anche due ore seduta su una sedia, posizione che mi causava un dolore agli adduttori simile a quello provocato da uno stiramento, ma era l'unico modo per allungare quei muscoli che erano rimasti troppo tempo inerti ed atrofici. In ogni occasione, per esempio durante l'igiene, mi spronavano a compiere quei piccoli gesti che avrebbero potuto accelerare la ripresa, e può sembrare stupido, ma nel mio caso anche pettinarmi o lavarmi i denti rientrava nella lista. Era doloroso, ma stavo riprendendo il controllo del mio corpo.

Dalla punta delle dita, alle braccia, al collo la fisioterapista e la sua allieva ogni giorno, weekend esclusi, dedicavano un'ora alla mia riabilitazione. Per il resto del tempo ci pensavano gli infermieri.

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